Trasferta a Bucarest

02.03.2018

Quest'anno abbiamo organizzato una trasferta internazionale a Bucarest, dove abbiamo incontrato una squadra più giovane e più forte di noi, leale e rispettosa.

E' stata un'occasione per divertirci, fare squadra, giocare, conoscere una nuova città e... fare i bambini! Il grande Dario Ghislandi, al secolo Tutor, ha scritto un bellissimo resoconto. Leggetelo!

Ah, il risultato: 4 a 1 per gli Arlechinii

Una trasferta indimenticabile ... nel piu' puro stile OLD BLACKS

Partiti in gruppi sparsi, manipoli di sbandati, arrivati in orari diversi in una Bucarest innevata e meteorologicamente ostile ma, benedetti e amorevolmente protetti dalla divinità dei folli, i nostri Old Blacks incredibilmente si ritrovano tra i vapori e il baccano di un ristorante caratteristico in pieno centro della capitale rumena. Chi e' arrivato a piedi, chi in taxi (ovviamente pagato 10 Lei da qualcuno e 40 da qualcun altro nonostante lo stesso itinerario). Seconda positiva sorpresa della giornata: stranamente nessuno ha pensato a perdersi tentando la metropolitana!
Nessun colpo di scena invece una volta preso posto ai tavoli. Due distributori di birra a forma (e dimensione) di una pompa di benzina trovano posto a centro tavola, e le ordinazioni si concentrano subito sul piatto che e' fotografato sulla copertina del menu', che infatti non viene neppure aperto: lo stinco.
Uno stinco bello unto, con una cotenna grassa e gocciolante, che viene macabramente servito infilzato da una forchetta e un coltello. Il gruppo sganascia compatto, ma non tutti reggono fino alla fine del mostro. Ma la squadra, si sa, è unita e sempre pronta ad intervenire a protezione dei compagni: ecco dunque intervenire il gruppo licaoni, fondamentali nell'ecosistema dei ristoranti in quanto evitano la raccolta degli avanzi. Dunque...non avanza niente. Degna di particolare menzione e' stata la cerimonia del conto, che ha assunto a tratti le dimensioni della tragedia, poi della comica, della commedia dell'arte e infine del miracolo. Sara' stata la grappa finale, o il grasso tossico dello stinco, ma sia il conto che il numero dei commensali variavano (in aumento il primo, in diminuzione il secondo...) di minuto in minuto. La scarsa dimestichezza con le banconote locali inoltre ha richiesto una serie infinita di conteggi e ri-conteggi, con l'ovvio risultato di un'infinita serie di cifre discordanti tra loro.
Nel parossismo finale, qualcuno ha agguantato la mazzetta di banconote declamando con piglio sicuro "paghiamo con la carta di credito che conviene...!"; non è dato di sapere cosa è convenuto a chi, ma quantomeno si è spezzato l'incantesimo della moltiplicazione del conto e abbiamo potuto abbandonare il locale senza guai, accompagnati dai sospiri di sollievo del personale.
L'istinto del branco ha condotto l'allegra comitiva, con precisione infallibile, al centro di un crocevia dove si trovano solo birrerie e discoteche. Musica assordante, ballerine in vetrina, insegne di irresistibile attrattiva come "Il Bordello" o "The drunken Lords". Un primo tentativo di saggiare uno di questi locali vede i nostri battere in veloce ritirata, al diffondersi della voce "è un locale di gay"; nessuno ha il coraggio di fare outing e dunque tutti fuori.
Al secondo tentativo si privilegia un locale che si propone come covo di rugbisti ed esibisce un numero impressionante di "spine" da birra, per onorare il quale vengono ordinate solo birre una diversa dall'altra: venti presenti, venti birre diverse con sconcerto e evidente irritazione della cameriera, mentre sugli schermi appesi alle pareti viene trasmessa una partita di ... pallamano femminile. Scopriamo d avere nel gruppo un ex nazionale di pallamano studentesca, che commenta le azioni e spiega le regole. Fortunatamente il gruppo abbandona il locale giusto un attimo prima che qualcuno se ne esca con un'ideona progetto "...perchè non facciamo una squadra di pallamano Old?".
A questo punto è ormai mezzanotte e la banda si divide: una parte rientra in albergo rispettando la disciplina del ritiro pre partita, mentre la parte rimanente rimane per difendere l'immagine degli Old Blacks, vichinghi pronti a misurarsi con le rigide notti locali e contro il sonno che inevitabilmente li coglierà l'indomani sul campo da gioco.
Il drappello dei più tenaci racconterà il giorno dopo che Dracula in realtà era una donna, che invece del sangue succhia ... banconote, e raggiungerà l'albergo in tempo per la prima colazione, cimentandosi lungo il percorso in una serie di placcaggi su asfalto, contro l'uomo invisibile.
E siamo così all'alba della tenzone contro questi "Arlecchini" che inviano un membro della squadra a farci da guida, consapevoli che diversamente gli Old Blacks si sarebbero ritrovati a gruppi sparuti in almeno 3 diversi terreni da gioco in Bucarest e periferia (Settimo Rumeno, Cesano Bucarest, Cusago sul Dambovita...). Il giovanotto arlecchino suscita un breve sgomento vista l'eta' (27 anni) e la corporatura atletica, ma ispira immediata simpatia quando conferma che non giocherà in quanto infortunato. Come mezzo di trasporto propone la metropolitana, senza immaginare le conseguenze: acquistare tutti i biglietti necessari, per l'andata e il ritorno, possibilmente usando la tariffa più conveniente per un gruppo numeroso. Vengono così comprate delle tessere cumulative; la naturale e comprensibile sfiducia collettiva fa si che si crei subito una mischia per varcare i tornelli. Nessuno vuole rimanere ultimo perché è molto probabile che i conti siano sbagliati, e chi resta fuori sarà perduto.
Colpo di scena: tutti passano e possono così raggiungere il centro sportivo della Dinamo di Bucarest. Lì giunti tutti si affannano a cercare con lo sguardo il terreno di gioco, ma la strada che seguiamo è circondata solo da distese innevate, e del campo nemmeno l'ombra. Quando finalmente si individuano due pali, ci si rende conto che il terreno di gioco è interamente ricoperto da un buon 30 centimetri di neve, e che le righe che lo delimitano (compresa la linea di meta) possono essere soltanto immaginate. Lo sconcerto dura poco, in quanto veniamo spinti negli spogliatoi, e sottoposti alle prime pressioni psicologiche.
Per raggiungere lo spogliatoio "ospiti" è infatti necessario attraversare quello dei locali, i quali locali di Old hanno solo la macchina. Età media 30/32, addominali da concorso, sguardi ironici che sottintendono "adesso vi facciamo il culo". Entrati nello spogliatoio ospiti, la prima cosa che colpisce è la presenza di un lettino di metallo, potenzialmente per massaggi, ma che ricorda lugubremente quelli delle autopsie. Una certa inquietudine serpeggia per un istante tra le file e si catalizza in messaggi di sfiducia vero l'organizzatore, con frasi che vanno da "se ti stavamo sul cazzo potevi anche dirlo..." a "ma sei certo di conoscere l'inglese?...". Ma la leggiadra incoscienza del gruppo si consolida e trasforma in grinta quando vengono distribuiti gli scaldotti, mini pannolini riscaldanti da infilare negli scarpini. Chi li infila sotto le calze, che tra le calze e le scarpe, chi in punta del piede, chi al centro. E a chi chiede suggerimenti viene risposto "non vedi che hanno la forma del tallone?", finendo così con l'essere collocati nell'unico punto del piede insensibile al freddo. Ed è così che gli Old Blacks entrano in ... campo, carichi come sempre, incuranti della neve, del freddo, degli avversari, degli acciacchi che si manifestano alla prima sgambata.
L'arbitro Babbione, in perfetta tenuta rosa, raduna le squadre in quello che si ritiene essere il centro campo, e fischia l'inizio del primo dei tre tempi da 15 minuti. La neve impaccia i movimenti degli atletici e normalmente veloci avversari, finendo con l'essere nostra alleata, come fu con i Russi contro l'armata napoleonica. E nel corso del primo tempo subiamo una sola meta.
Nel breve intervallo a bordo campo vengono impartite nuove strategie di gioco, miranti a spiazzare gli avversari, come per esempio passare la palla all'arbitro per poi farsela ridare senza essere placcati. Due mete subite nel secondo tempo.
Il terzo e ultimo tempo premia l'orgoglio Old Blacks, che accorciano scodellando una meta, prima di subire il quarto punto. Un 4 a 1 finale, da considerare un eccellente risultato sia per la prestanza degli avversari, sia per la mancanza in campo di elementi fondamentali, specialisti nel passaggio rasoterra, in quello extra corto e in quello lunghissimo... Peccato, ci fossero stati anche loro magari avremmo pure potuto pareggiare. L'atteggiamento in campo è sempre stato improntato alla massima sportività, anche perché alla prima intemperanza l'arbitro ha mafiosamente suggerito sorridendo "è meglio di no..." e aveva sicuramente ragione.
Doccia rovente e poi ritorno in albergo, per poi incamminarci al ristorante prenotato per il terzo tempo. Inebriati dalla bella prestazione i nostri hanno fiduciosamente seguito un profeta che senza ausilio di cartine o di navigatori gps ha dichiarato con sicurezza "so io dov'è. Seguitemi!".
Dopo una mezzora di cammino i primi dubbi sono sorti e qualcuno ha iniziato a chiedere "ma...manca ancora molto?". "No, siamo quasi arrivati!". Altri venti minuti e i dubbi si evolvono in sospetti, e il primo che attiva google map informa che per giungere al ristorante occorrono ancora 27 minuti di cammino. Qualche imprecazione, grugniti i malcontento mentre il Messia perde rapidamente adepti. Tutti decisi comunque ad affrontare l'ultimo strappo, senonchè alla rilevazione successiva dopo un quarto d'ora di cammino scopriamo che mancano sempre 27 minuti al ristorante. Le fila si scompongono e la caccia al taxi non conosce fratellanza. E' così che si arriva al ristorante in ritardo: il manipolo degli ammogliati, grazie alla saggezza delle consorti, è già all'opera con sottaceti e birre. Diamo inizio al terzo tempo, che naturalmente ci vede stravincitori: primi in birre, primi in cori nonostante un abbozzo malriuscito di "l'uselin de la comare", primi in "e se tu sei...uno di noi...", primi in addominali bassi, ultimi a lasciare il locale, anche perché si è dedicata una buona mezzora alla ricerca di un portafoglio scomparso, con documenti annessi. Per la cronaca il portafoglio viene ritrovato pochi minuti dopo che abbiamo abbandonato il locale, certi di aver frugato ogni angolo; fatto che conferma il primato indiscusso in birre.
La serata è dedicata al riposo del guerriero, e l'indomani si rientra in orari diversi, con compagnie aeree diverse, destinazioni diverse, ma un unico sentimento: la gioia e il conforto di un week end con gli amici più veri e più genuini.
Old Blacks: un manipolo di sbandati, protetti dalla divinità dei folli, uniti da una fratellanza che scalda il cuore e infonde coraggio.
Fratelli assenti: ci siete mancati!